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domenica 29 gennaio 2012

Ilva, chiesto sequestro dell’impianto ma il lavoro .. continua.

(da "il fatto quotidiano" di Ferruccio Sansa)
Ilva, chiesto sequestro dell’impianto
di Taranto. Ma il lavoro continua

Il rapporto dei carabinieri di Lecce è un macigno. La procura accusa la proprietà di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico. Ma la struttura occupa 11.500 persone e produce il 70% del pil della provincia
“Si ritiene necessaria l’emissione di un provvedimento cautelare reale, diretto all’evitare di protrarsi di attività illecite descritte nell’arco di 40 giorni di monitoraggio. È altresì fondamentale richiamare l’azienda agli obblighi di legge”. Il rapporto del Nucleo Operativo Ecologico (Noe) di Lecce (di cui Il Fatto è in possesso) è un macigno, perché l’azienda di cui si riferisce ai pm di Taranto è l’Ilva. Si richiede il sequestro dell’impianto di Taranto, che occupa 11.500 persone e produce il 70% del pil della provincia.

Lavoro contro salute: la gente sa che l’inquinamento entra nei suoi polmoni, con ogni respiro. Hanno paura gli abitanti e i lavoratori dell’Ilva, stretti tra il posto di lavoro e le giornate passate a 50 gradi nella cokeria. Timori confermati dalla Procura: disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati tra gli altri Emilio Riva, 84 anni, presidente dell’Ilva sino al 2010, e Nicola Riva, attuale presidente. Accuse che gli imprenditori respingono (Il Fatto ieri ha cercato di raccogliere la versione dell’Ilva, senza risposta).

Difficile dire che cosa sia più pesante per i cittadini di Taranto che vivono all’ombra dei 220 metri della ciminiera E 312 (la più alta d’Europa): se i timori per la salute e per il lavoro. O l’insicurezza: il 5 luglio è stata chiusa l’istruttoria per dotare l’Ilva del certificato Aia, l’Autorizzazione Integrata Ambientale. In molti hanno gridato a una vittoria per l’ambiente e la salute. Ma ecco arrivare l’allarme dei Noe.

A chi devono credere gli abitanti del quartiere Tamburi, case basse, colori spenti dalla polvere che si accumula su facciate, serramenti, vestiti stesi? Per capire bisogna guardare Taranto da lontano: l’orizzonte segnato dal fumo delle ciminiere, l’aria scura e l’acciaieria grande il doppio della città, a ridosso delle case.
Un medico disse una volta: “O si sposta l’acciaieria oppure Taranto”. Pare impossibile dipanare il nodo. Mancano dati ufficiali sulla diffusione delle malattie, l’efficacia dei controlli – quando ci sono – è contestata. Il punto di partenza potrebbe essere il rapporto dei Noe: “Sono state osservate… consistenti emissioni riconducibili allo “slooping”, all’utilizzo improprio di sei torce al servizio delle acciaierie”. Segue una tabella con decine di episodi con “una nube rossastra… eccezionale e imponente”. I Noe parlano anche di “intense emissioni non convogliate… capaci di propagarsi oltre i confini dell’Ilva” derivanti dal riversamento sul terreno di scorie per raffreddarle. Si apre un nuovo capitolo sulle “emissioni diffuse”, che sfuggono finora ai controlli. Gli investigatori richiedono “il sequestro degli impianti”.

Ma allora è giusto concedere l’Aia all’Ilva? Da una parte si schierano la Regione di Nichi Vendola e i sindacati, dall’altra ambientalisti e comitati. “L’autorizzazione mette delle certezze, toglie ogni alibi all’Ilva”, è convinto Rosario Rappa, segretario generale della Fiom Cgil. “Con l’Aia – assicura Lorenzo Nicastro, assessore regionale all’Ambiente – entreranno in vigore limiti emissivi più bassi rispetto a quelli vigenti, in linea con le migliori tecnologie disponibili”. Gli ambientalisti e i comitati contestano: “Si dà una patente di legittimità a un impianto che porta rischi pesantissimi”, è sicuro Angelo Bonelli, presidente dei Verdi. Pierfelice Zazzera (Idv) fa un elenco delle emergenze: “I parchi minerari, colline di sostanze tossiche che appena viene il vento finiscono nei polmoni, sono senza copertura come invece avviene all’estero. I famosi filtri per la ciminiera E312 non funzionano”. Fabio Matacchiera, un insegnante che guida il Fondo Anti-diossina aggiunge: “Non ci sono solo le emissioni dei 200 camini dell’acciaieria, ma anche i fumi diffusi non censiti. Poi c’è il nodo dei controlli. Gli uomini dell’Arpa, dai cancelli impiegano novanta minuti per arrivare alla ciminiera. Abbastanza per consentire, a chi lo volesse, di ridurre le emissioni. I campionamenti avvengono poche volte all’anno e di giorno”.

Dalla cronaca notizie allarmanti. L’anno scorso sono state abbattute 650 pecore imbottite di diossina: pascolavano entro il limite di 20 chilometri dall’acciaieria fissato dalla Regione. Poi le analisi Asl rivelano presenze di policlorobifenili nelle acque del Mar Piccolo. Scatta il divieto di allevare le cozze: 24 operatori su 103 rischiano il lavoro.

Così si vive a Taranto, dove la diossina si è accumulata per decenni nella terra, nell’acqua. Nell’aria che respiri. Ricorda Rappa: “Ci vuole un risanamento drastico. Ma il Governo ha destinato ad altro i soldi già stanziati”. Interessi enormi ruotano intorno al più grande impianto siderurgico del Paese. Non c’è da stupirsi se chi si schiera va incontro a minacce, anche di morte. Su tutto regna l’incertezza. Nel 2010 il Governo vara la legge “salva-Ilva” che rimanda al 2013 l’obiettivo di un nanogrammo per metrocubo di benzo(a)pirene in aria. La Regione risponde con una norma che prevede limiti più stringenti. “Bene – commenta Rappa – ma occorre dare mezzi all’Arpa per i controlli”.

Qui si innesta la polemica di ambientalisti e comitati con la Regione: “Vendola annuncia novità che non ci sono. Si continuerà a morire”, sostiene Bonelli. Al governatore si attribuisce un atteggiamento morbido nei confronti dei Riva. Lui, Vendola, risponde così: “Abbiamo imposto all’Ilva una normativa drastica di riduzione delle diossine e poi una normativa anti-benzoapirene, portando controlli a tappeto su tutto il territorio”. Aggiunge: “Dobbiamo uscire dalla contrapposizione tra rispetto dell’ambiente e salvaguardia del lavoro. Non si tratta di cercare un compromesso bensì di conseguire il rispetto delle regole e imporre i giusti livelli di tutela ambientale”.

I sindacati lo sostengono. Ma Rappa (Fiom) precisa: “In passato abbiamo difeso il posto di lavoro a scapito della salute. Oggi no, speriamo di salvare sia l’industria che la salute. Si può”. Gli ambientalisti non credono più a questa terza via. E neanche molti cittadini.

da Il Fatto Quotidiano del 5 agosto 2011

mercoledì 25 gennaio 2012

Italcave e Comune di Statte: diciamo NO ad eventuali accordi su "royalty. Non ci vendiamo per un "tozzo di pane" !!! (Da Cosmopolis)


Riportiamo integralmente un articolo apparso sulla rivista online Cosmopolis il 16 Gennaio.

Si tratta di una intervista di Vincenzo Carriero (direttore della rivista) all'assessore provinciale Luciano De Gregorio
(esponente del PD di Statte), sulla ventilata opportunità da parte del comune di Statte di "accordarsi" con la società "Italcave" circa un indennizzo da parte di questa ditta al comune stesso (o tassa di ristoro o royalty che dir si voglia), probabilmente i beneficiari sarebbero il comune e specificatamente il rione Feliciolla.

Pungolato da Vincenzo Carriero l'assessore provinciale De Gregorio mostrava, giustamente, la sua netta perplessità al riguardo. Le sue considerazioni sono assolutamente condivisibili. Appare chiaro che, se la notizia fosse vera, non vi sarebbe, in fututo, nessuna "forza e diritto contrattuale" di Statte nei riguardi dell'Italcave. Questa azienda, ultimamente ha cambiato "intelligentemente" metodo verso la nostra comunità (sponsorizzazioni varie), ma deve restare chiaro che non possiamo rinunciare al nostro diritto-dovere di denunciare le irregolarità nei riguardi dell'ambiente, per un "tozzo di pane".
Consigliamo, in ogni modo di "sfogliare" il "giornale" per numerosi altri articoli che riguardano Statte e l'intera provincia.

Potrebbero esserci degli accordi in atto tra il Comune di Statte e l'impresa Italcave. L'esponente della giunta Florido in un'intervista aperta spiega le ragioni di un'intesa quanto mai anomala.
di Vincenzo Carriero
ll comune di Statte, presto, potrebbe incassare una tassa di ristoro dall'impresa Italcave: la discarica, ubicata di fronte all'Ilva, dove vengono stoccati i rifiuti provenienti dalla Campania. Con linguaggio tecnico queste concessioni si suole definirle royalties.
Assessore De Gregorio, le risulta che il comune del quale è stato vicesindaco sino a pochi mesi fa si appresterebbe a sottoscrivere un accordo di questo tipo?
“Circolano voci a tal proposito sempre più insistenti...”
E se queste voci dovessero risultare vere?
“Sarei sorpreso e preoccupato al tempo stesso. Ma, questa vicenda, ad onor del vero presenta più di una singolarità ”.
Quali, per esempio?
“Come si fa ad accordarsi con chi si è combattuto in tutti questi anni? Tra ricorsi e parcelle corrisposte agli avvocati, Statte ha speso all'incirca 200 mila euro nelle cause che la vedono contrapposta all'impresa Italcave. Adesso è tutto rientrato? Non c'è più alcun problema ambientale ascrivibile alle attività espletate in quello specifico sito? I falchi, come d'incanto, si sono trasformati in colombe...?”
E le altre anomalie alle quali faceva riferimento?
“L'atteggiamento dei rappresentanti del quartiere Feliciolla. Sembrerebbe che, in una riunione tenuta nelle scorse settimane tra proprietà dell'Italcave e amministratori comunali, fossero presenti anche singoli rappresentanti di questo comitato. Questi signori sono gli stessi che, in un passato non molto lontano, vollero incatenarsi dinanzi ai cancelli dell'Italcave. "Noi"- ripetevano- siamo pronti ad immolarci per vedere rispettato il diritto alla salute delle nostre famiglie. Propugnavano un' idea di ambientalismo puro. E adesso, che fanno? E' proprio il caso di dire: potere alle royalties...”.
Il suo partito, il Pd, cosa dice a tal proposito? Qual è la sua posizione?
“Il partito nel quale milito, non ho difficoltà ad ammetterlo, su questa specifica vicenda ha sempre assunto un atteggiamento ondivago. Superficiale e pressapochista. Non da oggi, sostengo la necessità che il comune di Statte e la provincia condividano, assieme all'azienda, la gestione dei rifiuti stoccati. E, semmai, caldeggino una drastica riduzione del conferimento degli stessi. Ho condotto battaglie in solitudine su questi temi, mi additavano come colui che avesse un atteggiamento troppo accondiscendente verso l'impresa. E, adesso, questi stessi signori si sono ridotti a fare la questua. Incredibile, vero?”.
Il Pd non è l'unico partito, tra quelli che sostengono l'Amministrazione stattese, a mostrare un approccio non proprio coerente sull'intera vicenda?
“Già, è proprio così. Che fine ha fatto l'onorevole Zazzera dell'Idv? Aveva promesso che avrebbe spostato mari e monti sulla vicenda dei rifiuti campani stoccati all'Italcave. Anche lui folgorato sulla via di Damasco? E il vicesindaco di Statte Tagliente, anch'egli dell'Idv, che dice a tal proposito? Nelle riunioni di giunta la sua era la posizione più oltranzista: non c'era verso di farlo ragionare; contro l'Italcave, ripeteva, l'unica strada da seguire è quella del ricorso in giudizio”.
Neanche le opposizioni brillano per iniziativa politica su questo specifico problema, non crede?
“Cosa vuole che le dica. Una delle cause della decadenza, dell'impoverimento del dibattito politico chiamasi omologazione. Questa storia ne è un esempio paradigmatico”.



domenica 22 gennaio 2012

Scioperano anche a Taranto pescatori e autotrasportatori (da domanii 23 Gennaio 2012)

Da Tarantosera del 22 Gennaio 2012

TARANTO - Barche in banchina e tir fermi. Esplode in riva allo Ionio la protesta che vede insieme pescatori e autotrasportatori. E si preannunciano giorni difficili ed effetti a catena. “La marineria tarantina è in sciopero, e lo sarà ad oltranza finché non ci sarà qualche notizia positiva” dice Emilio Palumbo, presidente della Agci Taranto. I pescatori tarantini stamattina hanno dato vita ad una manifestazione in piazza Fontana.
Il punto in comune con i camionisti è l’aumento del prezzo del gasolio che fa impennare i costi e abbassare i guadagni. E se stamattina i manifestanti hanno ottenuto un incontro con Stefàno, strappandogli anche l’impegno a farsi portavoce delle loro rivendicazioni in quel di Roma, dove il sindaco sarà lunedì insieme agli amministratori del mezzogiorno, gli sguardi sono rivolti ai regolamenti comunitari accusati di non tenere conto delle specificità locali. Tempi duri per i pescatori che oggi hanno deciso di iniziare lo sciopero. “Da oggi, ufficialmente, i pescatori tarantini sono in sciopero”. 150 le imbarcazioni che sono ferme, fa sapere il presidente Agci. Lunedì ci saranno altre iniziative, come quella prevista per mezzogiorno in Provincia. Costi in crescita e redditi sempre più leggeri: alla base della mobilitazione c’è anche “il nuovo sistema di controlli e sanzioni,” ritenuto vessatorio nei confronti dei pescatori, i nuovi rialzi del prezzo del gasolio e l’introduzione della tassazione Iva sul gasolio. A “creare forte disagio fra gli operatori” e a generare la “situazione di rottura con la dichiarazione dello stato di agitazione della categoria” anche la riduzione dei benefici fiscali e previdenziali. Un’iniziativa congiunta vedrà insieme ai pescatori gli autotrasportatori tarantini, pronti a presidi ed assemblee. L’iniziativa è stata assunta dal coordinamento provinciale di “Trasporto Unito” che ha già comunicato a prefetto e digos il programma del fermo delle attività a partire dalla notte tra domenica e lunedì per proseguire fino alla mezzanotte di venerdì 27. Presidi ed assemblee saranno effettuati sulla statale 106 (altezza raffineria), sulla SS7 (all’altezza dell’Ilva) sulla 7 ter e, sempre sulla 106, allo svincolo per l’area portuale. Durante il fermo saranno assicurati i servizi minimi, le emergenze e non ci saranno blocchi per le attività di chi non aderisce alla manifestazione.

lunedì 9 gennaio 2012

Conosciamo Statte: La curiosa storia dell'orologio della piazza.


L'orologio della piazza (Prof. Vittorio De Marco: da "Statte tra ottocento e primi del novecento")
Nel maggio del 1907, 60 capifamiglia firmarono una richiesta diretta al delegato sindaco del tempo, Pietro Palasciano, chiedendo che anche a Statte, come per le borgate di Crispiano e Talsano, venisse costruito un pubblico oro­logio. La richiesta venne girata, naturalmente, all'amministrazione comunale di Taranto. Ma il pubblico orologio tardava ad arrivare.
Nel 1913 Taranto finalmente decise di accontentare gli stattesi. L'orologio sarebbe stato incastonato sulla facciata della chiesa parrocchiale. L'adattamen­to nelle strutture murarie fu completato nel novembre di quello stesso anno. Il quadrante dell'orologio venne fatto venire da Milano dalla ditta Fontana e C. Ma quell'orologio, sulla cima della facciata della chiesa parrocchiale, non venne mai issato. (Probabilmente a causa delle vicende belliche n.d.r). [....]
Forse di orologio pubblico non se ne parlò più per almeno dieci anni. Alla fine del 1923 l'ufficio tecnico scriveva al commissario prefettizio: “Comunico alla S.V. che l'offerta pervenuta a quest'Ufficio per la fornitura dell'orologio alla Borgata Statte ammonta a £ 11.600 circa. Se la S.V. crede opportuno pren­derla in considerazione, oltre che deliberare la spesa e autorizzare la commis­sione, dovrebbe decidere anche l'ubicazione, per provvedere alla compilazio­ne del progetto relativo alle opere murarie da eseguirsi per la detta istallazione”.

Chissà dove era andato a finire quel quadrante acquistato a Milano dieci anni prima! Probabilmente su qualche edificio di Taranto.

Ora non si parlava più della chiesa madre, cercandosi invece un'altra ubicazione. E l'ubicazione fu trovata «sul fabbricato comunale attuale sede del municipio». Venne così costruita la torre dell'orologio come attualmente la ve­diamo. «La costruzione in parola - spiegava l'ingegnere capo dell'ufficio tecni­co nell'agosto del '24 - costituisce un sopraelevamento al di sopra della terrazza della casa comunale, le cui murature per deficienze di spessore, furono rinforza­te con travi in ferro e cemento armato».
L'orologio con tutti gli accessori, com­prese le due campane in bronzo di 80 e 50 chili provenienti dalle fonderie di Bassano, vennero fomite dalla ditta Girolamo Raimondi di Taranto.

Ai primi di settembre del 1924, finalmente anche Statte ebbe il suo pubblico orologio a scandire le ore e gli avvenimenti paesani. Ma appena otto giorni dopo la messa in opera, il quadrante si ruppe. La causa non venne accertata; probabil­mente si trattò di un leggero cedimento o assestamento della muratura della tor­re. Tuttavia l'orologio continuò a funzionare regolarmente e quel quadrante rotto e rimasto lì tutti questi anni fino a quando, con la prima amministrazione del comune autonomo, un nuovo quadrante ha sostituito quello del 1924.
(prof. Vittorio De Marco: Statte tra ottocento e primi del novecento anno 2000)

Infine, riportiamo una significativa poesia del nostro concittadino Gino Del Giudice, composta nei primi mesi dalla conquista dell'Autonomia Comunale. L'orologio era stato ripristinato da poco tempo, dopo anni di abbandono. Ci si auspicava che alla rinnovata vitalità dell'orologio, corrispondesse una rinascita della nostra comunità.











L'orologio della piazza
Fermo, muto ed intristito,
ingranaggio arrugginito,
con lancette anchilosate,
 
hai trascorse le giornate.


Con il tempo fisso all'una
tu non davi gioia alcuna,
a
chi ti volgea lo sguardo;
eri proprio un bel bugiardo!


Ossidate le campane,
melanconiche ma sane,
e
vogliose di scandire,
tosto l'ore, e di gioire.


E la gente te ha seguito;
ed il
tempo impoverito,
ha
trascorso, qui negli anni,
come te, con gravi affanni.


Ma il prodigio s'è compiuto,
il
rispristino hai avuto,
e le
ore segni esatte,
nella
piazza, qui a Statte.


E il rintocco delle ore,
dà a tutti buon umore,
le lancette allegramente
gaie giran, sì la gente!



Un più lieto tempo aspetta,
questa cittadin diletta,
che con te s'è risvegliata,
e che sembra ormai cambiata.



Non ci fare il tradimento,
si preciso, molto attento!
segui tu gli avvenimenti,
degli ambiti nostri intenti.



Sia il suono tuo segno,
del ripreso nostro impegno,
"stattarulo" sii di razza,
oh, OROLOGIO DELLA PIAZZA!


Gino Del Giudice  Statte 1994



Per una breve storia di Statte dalle origini ai nostri giorni cliccare sul




domenica 8 gennaio 2012

Màrche Pòlle dopo 30 anni dalla scomparsa!


 Màrche Pòlle di Taranto

Quelli di noi che sono “diversamente giovani” ed hanno frequentato Taranto tra gli anni ’40 e gli anni ’70, ricorderanno certamente la figura di Màrche Pòlle, (di cui ricorre l’11 Gennaio di quest’anno la morte) un simpatico tarantino, il cui carattere semplice e bonario, era un po’ come il nostro  simpatico stattese Petròlije (Mastromarino) e, come il nostro vivo e vegeto concittadino, Marche Pòlle trascorse la sua esistenza senza aver mai avuto un problema, una polemica, un litigio col prossimo, ma amico di tutti.

 Fu strillone ufficiale di un settimanale dialettale tarantino “u ‘Panarijdde” fin dai primi numeri  e nel dopoguerra anche del “ Corriere del Giorno”. A differenza, però,  del nostro Petròlije non era mai salito su nessun mezzo nemmeno in bicicletta (sebbene, nemmeno il nostro Petròlije, è stato mai visto   “in sella”, bensì   sempre a piedi).

Màrche Pòlle, in età più matura, non avendo più il necessario “fiato” per fare lo strillone cominciò a vendere per strada, biglietti della lotteria e schedine del totocalcio precompilate, famoso l’invito a comprarli (“a vuè mo”?).

Amedeo Orlolla
(il suo vero nome) nacque nella Città Vecchia il 27 agosto del 1895, quando il Borgo andava formandosi; ultimo di quattro figli, cominciò presto a lavorare per contribuire al bilancio familiare, essendo il padre un umile tuttofare. L’origine del suo nome è dovuto ad un periodo di imbarco del padre sulla nave Marco Polo. Il giovane Amedeo orgoglioso di tanto padre, ne parlava con enfasi, tanto da farsi attribuire quel nome, che gli restò appiccicato per tutta la vita.

Màrche Pòlle era diventato l’icona della città; ormai anziano si aggirava lungo il suo itinerario preferito (tra via d’Aquino, via Anfiteatro) ed aveva la facoltà di entrare nei bar o nelle trattorie e consumare senza pagare, in quanto apparteneva a tutta la cittadinanza essendo stato adottato dai tarantini.
La considerazione fu confermata quando mori l’11 Gennaio 1982 (giorno 11 ricorre, appunto,  il 30° anniversario della sua morte) una folla di popolo si accalcò nella chiesa di San Francesco e fuori, fermando il traffico e sospendendo la vita cittadina, che in quel momento si sentì orfana di uno dei suoi componenti più popolari. Per volontà dello stesso Màrche Pòlle, per l’ultimo viaggio fu vestito di bianco perchè era morto “signorino”, nel senso che in tutta la sua vita non aveva conosciuto né frequentato donne.

Ovviamente, specie su quest’ultimo punto, non vi sono affinità col nostro Petròlije dal momento che il nostro concittadino è stato sposato, ma rimase prematuramente vedovo senza aver avuto figli; mentre la grande affinità sta nella bontà di animo, nella bonarietà e nello spirito franco e purtroppo, pur chiacchierando con tutti, una sostanziale solitudine.
Petròlije, fino a qualche tempo fa, ha lavorato, pulendo e zappando giardini e raggranellando qualcosa anche rivendendo rottami di ferro ed altro.
Ci piacerebbe, come stattesi, pensare che anche il nostro Petròlije possa essere “adottato” dalla nostra comunità.!!

La foto di "Petròlije" è di Vladimiro Pappone

sabato 7 gennaio 2012

Vescovo Santoro: Ambiente e posto di lavoro non sono in contraddizione


(Riferimenti tratti da un articolo di Daniele Lo Cascio su Taranto Oggi del 7 Gennaio 2012)

Si è svolto giovedì 5 Gennaio scorso, “la presa di possesso” dell'Arcidiocesi da parte di Mons. Filippo Santoro. E’ giunto, proveniente da Bari, al molo dell'Autorità Portua­le ove, ricevuto il saluto dal Prefetto S.E. dott.ssa Carme­la Pagano ha iniziato la tra­versata di Mar Grande e del canale Navigabile per sbar­care al Castello Aragonese dove ha ricevuto il saluto dell'Ammiraglio Andrea Toscano, e gli onori della Fanfara della Marina Militare. Recatosi poi in Piazza Castello, è stato accolto dal Sindaco di Taran­to, dott. Ippazio Stefano e dai giovani cattolici  presso il Palazzo di Città. Alle 17.15 si è recato alla Catte­drale; infine dopo un breve incontro con i giornalisti nell'auditorium dell'Episcopio, si è trasferito in Con­cattedrale dove alle 19 si è svolta la solenne concelebra­zione Eucaristica a cui hanno partecipato oltre a 200 sacerdoti di cui alcuni pro­venienti dal Brasile, Sua Ec­cellenza Mons. Benigno Lui­gi Papa, arcivescovo uscen­te, il cardinale Salvatore De Giorgi, già Arcivescovo di Taranto, e diversi altri vescovi pugliesi e brasiliani.

 Simpatia, apertura e di­sponibilità di cuore sono le qualità che Mons. Santoro ha ravvisato nei tarantini ma probabilmente anche quelle che i tarantini hanno ravvisato in lui. Sono queste qualità a costituire secondo l'Arcivescovo un ottimo punto di partenza per svolgere un lavoro positivo.. Dell'esperien­za brasiliana (dove è stato sacerdote e vescovo) ha imparato a riconoscere i po­veri come soggetto vivo a cui occorre dare una op­portunità affinchè siano pro­tagonisti.
Imparerò a conosce­re la situazione di Taranto e Provincia, ma sin da ora mi sembra necessario  difen­dere il valore della persona umana, della solidarietà, del posto di lavoro e dell'occu­pazione, lottando per un ri­spetto dell'ambiente che fac­cia sì che questo possa esse­re accogliente per l'uomo, che preservi il territorio dal­l'inquinamento e che ridoni al mare il suo ruolo di gran­de risorsa per la produzio­ne, per la crescita umana e per l'incontro tra differenti culture e tradizioni. Salva­guardia del posto di lavoro e difesa dell'ambiente non sono in contraddizione".

Che dire? Anche gli stattesi concordano pienamente con quanto espresso dal nuovo Arcivescovo, e auspicano che possa essere, come ha dichiarato,  una “voce libera” su queste problematiche. Voci libere che sono venute quasi completamente a mancare in questi ultimi tempi !!
Buon lavoro eccellenza, dalla cittadinanza stattese!!






giovedì 5 gennaio 2012

L'ILVA e la diossina: E' vero calo??


Diossina all’ILVA: E’ vero calo?
Su questo argomento, il cittadino comune è veramente disorientato. Dai mezzi di informazione, dalle associazioni ambientali, dai politici, dall’Arpa giungono notizie, valutazioni e dati, contradittori e spesso opposti; lasciamo da parte le entusiastiche dichiarazioni dell’azienda (e ci mancherebbe altro) e cerchiamo di stare a fatti.
Come si sa, nel 2011 sono state fatte 4 campagne di rilevamentoa delle diossine (“dicono” senza preavviso) sul camino più alto dell’ILVA (il 312) dove vengono convogliati la quasi totalità dei fumi contenenti diossine  (e furani): orbene questi controlli hanno evidenziato un apparente drastico abbattimento dei valori, i quali sono risultati (in media) in linea con la legge regionale in vigore da circa due anni. Tutto bene allora ? O c’è qualche “inghippo”? Hanno ragione loro (Arpa e azienda)?  Hanno ragione gli ambientalisti (tutto un imbroglio)?

Vediamo nel “nostro piccolo” di “non schierarci” e di analizzare oggettivamente i dati di fatto.
 I controlli dell’ARPA ( Agenzia Regionale per la Protezione Ambiente) sono fatti (si dice) senza preavviso, ma un dubbio è lecito porselo: se ci sono delle “fughe” di notizie anche dai  tribunali più protetti , come si può essere sicuri che queste “fughe” non avvengano anche in seno all’ARPA? In ogni modo anche se non ci fossero queste “fughe”, gli stessi controlli si riferiscono al tempo “successivo” all’arrivo dei tecnici, quando gli impianti possono essere stati regolati al minimo ed in ogni modo, NON PIU’  al massimo regime.


Considerazioni:
Premesso che la legge regionale sulla diossina è un’ottima legge ma che fin ora è mancata la sua totale effettiva applicazione perché mancano dei “credibili” controlli, è ovvio che, per rendere assolutamente “credibili” questi controlli, si dovrebbe operare non più saltuariamente, bensì con “monitoraggio continuo”  o con metodi analoghi come diremo in seguito. Fino a quel momento, è inutile fare affermazioni  trionfalistiche nei pseudo dibattiti, come quello avvenuto lo scorso 30 Dicembre,  nello studio di un noto canale televisivo, tra lo stesso dr. Assennato ed un rappresentante dell’ILVA (l’ing. Buffo) “ovviamente”  senza la presenza delle associazioni ambientali che potessero intervenire nel dibattito stesso.
Fino all’approntamento di un tale sistema di rilevamento “in continuo” o altro analogo che dia le stesse garanzie di “continuità”, non è ragionevole comunicare alla cittadinanza “l’abbattimento delle diossine” !!

E i tempi ? In quel dibattito (senza interlocutori) lo stesso ing. Buffo dell’ILVA ha dichiarato:

"Si tratta di scegliere una tecnologia tra quelle disponibi­li, verificare se è applicabile ed avere dei riferimenti in merito ai valori da garantire, perchè tra il campionamento di lungo termine e quello adottato oggi ci potrebbero essere delle diffe­renze. Io ritengo che siano necessari tempi strettamente tecnici per partire,  perchè su que­sto l'azienda ha dato la sua di­sponibilità. Non saprei dire quanto tempo ci voglia in ter­mini di mesi".

Da notare che nell’Aprile 2010, i tecnici dell’Ilva avevano dichiarato al ministero dell’ambiente che il tempo necessario per mettere in opera questa tecnologia era di circa tre mesi (quindi doveva essere stata approntata per l’estate 2011). Come mai questi ritardi? Ora, più che mai diventa importante il ruolo delle associazioni ambientalistiche, ma soprattutto dei comuni limitrofi; e se, su questi problemi, il comune capoluogo non mostra la necessaria tenacia, facciamoci sentire noi come comune di Statte ponendoci  in prima fila nello stimolare la risoluzione di queste problematiche.

Appendice: Le tecniche disponibili per monitorare, in modo credibile i valori della diossina:
Lo stesso  direttore di ARPA Puglia il dott.  Giorgio Assennato  ha asserito che "Non esiste una tecnolo­gia che dà la misura in conti­nuo delle diossine,  esiste però, un dispositivo che con­sente di avere un campionamen­to su un periodo molto lungo, che rimane in permanenza al camino. Il vantaggio è la coper­tura di un periodo molto più lungo e soprattutto” il campio­namento si riferisce al tempo precedente all'arrivo dei tecnici dell'Arpa e non alla fase succes­siva come avviene ora".
I dettagli di questa tecnologia li precisa  Stefano Raccanelli (Consorzio I.N.C.A.  tra università,  per lo studio chimico ambientale):  Effettivamente il monito­raggio  in continuo, ovvero la lettura in tempo reale della con­centrazione di diossina nei fumi senza passare per il laborato­rio, non è possibile; tuttavia c’è il modo di ottenere un risultato analogo: "Nel camino viene inse­rito un tubo collegato ad una pompa capace di aspirare sen­za interruzione i fumi (24h/24h, 365 giorni all'anno). Fra il tubo e la pompa è messo un supporto (cartuccia) capace di trattenere le diossine. Una volta al mese (o ogni 15 giorni) si preleva la cartuccia e la si porta in laboratorio per le analisi, al suo posto se ne mette una nuova.” Questo tranquillizerebbe la cittadinanza e cambierebbe i rapporti di fiducia (ora molto scarsi) tra  azienda e alcune istituzioni da un lato e la cittadinanza dall’altra.

mercoledì 4 gennaio 2012

Raccolta differenziata: gli errori più comuni.



Noi stattesi abbiamo dimostrato fin ora un buon senso civico nell'osservare con attenzione i problemi connessi con la raccolta differenziata. I cittadini hanno risposto con buon senso civico alla campagna di sensibilizzazione condotta dall'assessorato all'ambiente. Inspiegabilmente però, l'estensione ad altri rioni della cittadina della stessa raccolta, non procede con la celerità necessaria; formuliamo l'auspicio che nel 2012 tutta Statte possa essere coperta da questo indispensabile servizio. Nel frattempo, per una "raccolta" più consapevole, riportiamo un articolo esplicativo, comparso sul "Corriere della Sera" del 3 Gennaio 2011 a firma di Anna Tagliacarne.
Mai gli scontrini e i cartoni sporchi della pizza con la carta. Nelle campane del vetro mai gettare la ceramica.
Mai gli scontrini e i cartoni sporchi della piz[.....] Cosa succede quando ciò che gettiamo in pattumiera non è adatto al riciclo?VETRO - «Si crea un grosso danno al ciclo produttivo, soprattutto buttando ceramica e pirex in mezzo al vetro. I detector non riconoscono le particelle di ceramica, pur essendo macchine molto sofisticate, e quando il vetro viene triturato e compresso, anche la ceramica, che fonde a una temperatura differente dal vetro, viene inglobata nelle nuove bottiglie», spiega Walter Facciotto, direttore generale del Conai, Consorzio nazionale imballaggi. «Queste bottiglie però, che contengono particelle differenti dal vetro, possono scoppiare, sono a rischio». Quindi dipende da noi la qualità delle nuove bottiglie in circolazione. Riciclando un chilo di vetro si evitano le emissioni di CO2 di una utilitaria che percorre quasi 10 chilometri, secondo i dati del Coreve (Consorzio recupero vetro), mentre grazie al recupero e al riciclo di carta e cartone tra il 1999 al 2011 il Comieco (Consorzio nazionale recupero e riciclo imballaggi a base cellulosica) ha evitato la formazione di 222 discariche. CARTA - «Per quanto riguarda la carta, l’errore più comune è buttare gli scontrini, carta termica che contiene solventi e aumenta lo scarto, oppure cartoni sporchi, con avanzi di cibo, che fermentano», continua Facciotto. Bisogna sottolineare che la raccolta differenziata è strettamente limitata ai soli imballaggi: e in questo senso gli errori più vistosi li registriamo tra i manufatti in plastica: giocattoli, articoli per la casa, articoli di cancelleria, da ferramenta e giardinaggio, piccoli elettrodomestici, qualsiasi oggetto in plastica o con parti in plastica, viene erroneamente buttato nella raccolta differenziata ma, per fare un esempio, una bambola o un gioco in generale, è prodotta con differenti polimeri, non riciclabili.


PLASTICA - Lo stesso vale per il vaso o la penna sfera, anche se privata del refill. Nella fase di selezione i singoli polimeri vengono separati prima del riciclo, e ciò che viene scartato va ai termovalorizzatori e recuperato energeticamente». Se con venti bottiglie di plastica (Pet) si fa una coperta in pile, con sette vaschette portauova si può tenere accesa una lampadina per un’ora e mezza, e le tonnellate di rifiuti in plastica raccolte in Italia lo scorso anno (dati Corepla, Consorzio raccolta recupero riciclaggio rifiuti imballaggi in plastica) sono pari a sette volte il volume della Grande Piramide in Egitto e a due volte il peso dell’Empire State Building. Considerando la mole dei rifiuti prodotti è quanto mai opportuno separare e riciclare al meglio. Anche perché i rifiuti «migliori» hanno più valore. Maggiore è la qualità del materiale che scartiamo, maggiore è il corrispettivo riconosciuto ai Comuni.

METALLI - Per l’acciaio, ad esempio, si va da un minimo di 38,27 euro a tonnellata a un massimo di 83,51 euro, per l’alluminio da un minimo di 173, 96 euro a tonnellata a un massimo di 426,79. L’Italia è al primo posto in Europa per il riciclo dell’alluminio: secondo dati Ciai (Consorzio imballaggi alluminio) nell’ultimo anno è stato recuperato l’80% degli imballaggi in alluminio circolanti nel Paese, mentre in più di dieci anni secondo il Consorzio nazionale acciaio sono state recuperate quasi 3 milioni di tonnellate di acciaio, l’equivalente in peso di 300 torri Eiffel. «Le buone ragioni per differenziare correttamente non mancano: tutto ciò che scartiamo è riutilizzabile come materia prima, se lo buttiamo correttamente», conclude Walter Facciotto. «Per questa ragione, dovremmo andare periodicamente alle isole ecologiche e smaltire là le lampadine, i piccoli elettrodomestici, i cellulari, il legno. È un piccolo gesto che ognuno di noi può fare per l’ambiente senza troppa fatica».