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giovedì 30 ottobre 2014

3 Poesie di Gino (1 commovente e 2 allegre) per il 2 novembre


Tre bellissime poesie di Gino Del Giudice, composte in occasione del 2 novembre, completamente diverse tra loro, per genere e tono, sono accomunate soltanto dalla comune appartenenza al mondo  di “chi è passato a miglior vita”.
Sensibilità e delicatezza in una e saggia ironia, nelle altre due, sono un  esempio delle molteplici sfaccettature che Gino riesce ad affrontare nei suoi scritti.

La prima (Fiore Anonimo), è delicata e struggente. Ecco come Gino  ha “accompagnato  la mail”  con cui me l'ha fatta pervenire.
“Caro D..., stamani mi sono recato a Taranto come al solito. Dalla superstrada, deviando per il ponte, ho visto, due persone che cambiavano i fiori, che avevo notato sempre freschi  e che io vedo da oltre 15 anni. Ho saputo dopo,  che  in quel punto, si schiantò un ragazzo, poco più che ventenne, che stava provando la moto usata, che i genitori intendevano regalargli”.
“Un giorno, dopo anni, armato di coraggio, infilai nel fascio di fiori, la poesia che ti mando, e seppi del fatto”.
“Ti mando la mia poesia solo perché è attestazione di amore incondizionato e segno di costanza inusitata”.  

Fiore anonimo

Non un nome, non un segno.
Costante un fascio di fiori,
adorna il ciglio
ove chiudesti gli occhi.
Dei giorni tuoi.
 Giovane?

Dal lieto destino!
  
Che dopo lustri, la tua memoria,
affanna, pur confortando,
chi, sul quel luogo lasciasti.
Abituale, il mio scorrere,
testimonia che il ricordo tuo
è vivo, ancor forte.
Triste, ma nobile accadimento,
miracolo vero m'appare,
in un mondo indifferente,
morboso, scarno di riflessione.

Anche pietosa,
invidio la sorte tua.
Se più non vedrò
quel fascio di fiori,
l'olezzo loro, giunto sarà a te,
con l'animo del tuo caro.

Sì può occorrermi,
dopo il commosso, quotidiano sguardo
del tuo tragico, ornato angolo,
di sapere di te, nel mondo dei “saggi”
e scoprire ancor prima,
perché fosti sì teneramente amato.
Gennaio 2010 Gino Del Giudice.


Con la seconda, “Il consiglio di chi è passato a miglior vita”. (Qui c'è l'originale in dialetto seguita dalla traduzione in "stattese"), Gino fa parlare chi non c’è più, per ironizzare sul fatto che dalle scritte sulle lapidi, sembra che gli estinti , siano state tutte persone corrette ed amorevoli. I trapassati ci consigliano di essere bravi, onesti ed amorevoli in vita, perché alle frottole scritte sulle pietre sepolcrali, nessuno presta fede. Quello che conta è invece,  il comportamente avuto in vita.




IL consiglio di chi e' passato a miglior vita

 U' gijuorne de le muorte agghije scijute,
come ogne anne fazze, a 'u cemetére,
poste ca non me pijèsce, sò singére
N'a visete a le parijende e me n'àgghije assute.

 Turnanne a chèse e peffine a sére,
àgghije penzète assé e reflettute,
a cijò ca da le muorte àgghije sendute:
À ijèsse buone in vite ” m'ònne ditte.
E t'ù disceme nù, che convinzijòne,
ca spisse ijè n'a buscije ciò ca stè scritte:
esempio di bontà e perfezione.
Quanne se mòre, ijé ormèije n'a tradizzijòne,
c'u tijembe devendète n'u deritte,
ca buone e onéste ijé pure 'u mascalzone.

 E quanne 'a morte arrive.
Su 'a lapede no vèle cé se scrive,
ma conde ciò c'à fatte ijune da vive.

 Si muore una sola volta, ma per tanto tempo" (Moliére)
Defunti 2014 Gino Del Giudice




TRADUZIONE

Il consiglio di chi è passato a miglior vita

Il giorno dei morti, sono andato,
a cimitero, come faccio ogni anno
luogo che non mi piace, sono sincero.
una visita ai “parenti” e sono tornato.
Tornando a casa, ma anche tutto il giorno,
ho pensato molto e .. riflettuto
a quello che a proposito della morte io ho sentito.
“Devi essere buono in vita”, mi hanno detto

 “e te lo diciamo noi, con convinzione”,
che spesse sono chiacchiere quello che sta scritto:
esempio di bontà e perfezione.

 Quando si muore, è ormai una tradizione,
e col tempo è diventato quasi un diritto
che “buono e onesto”  fu pure il mascalzone

e quando la morte arriva,
non serve a niente ciò che sulla lapide si scrive
ma quello che ognuno, ha fatto da vivo!!

Si muore una sola volta, ma per tanto tempo (Moliére)
Defunti 2014 Gino Del giudice 


Con la gustosa 3° poesia (Giorno dei morti), Gino, stigmatizza il falso amore degli “eredi”  di zii ricchi che in testamento,  sono stati beneficiati dal caro estinto
 Anche questa volta fa parlare i deceduti, compiaciuti è vero, da questi “grandi affetti” ma, allo stesso tempo, consapevoli che “il miracolo d’amore” è stato compiuto dal testamento generoso. Osservazioni un po’ cattivelle, ma spesso aderenti ai normali fatti della vita.

 GIORNO  DEI MORTI

Corre il giorno dei defunti,
perciò è d'uopo celebrare,
la memoria dei congiunti,
così ognuno deve andare,
con ossequio al camposanto,
è dovere sacrosanto.

 Sulla tomba dell'estinto,
si vocifera svagati,
" ieri  l'incontro chi l'ha vinto?"
quali sono i risultati?"
Scappa pur la barzelletta,
ed il tempo passa in fretta

Poi qualcuno pur rammenta
che è giusto dir la prece;
e impacciati allor si tenta,
rivangando quel che fece,
il sepolto in questione,
biascicando l'orazione.

 "Era  un uomo coscienzioso,
uno zio eccezionale;
ancorché parsimonioso;
probo, parco essenziale.
Oh zio Ciccio! ci hai lasciato,
quasi il cuore ci hai spezzato."

 Ed il morto, lì giacente,
esclama meravigliato:
come cambia qui la“gente",
ma si sente consolato
Non sa darsene ragione ,
di tal cambio opinione.

 "Non importa,or son stimato;
mentre quando ero  vivo,
dai nipoti valutato,
ero in modo  negativo.
Son contento, compiaciuto,
d'esser al fine  deceduto.

 "Ho trascorso la mia vita,
senza affetti, deludente,
che la mia dipartita,
ho creduto che per niente,
importasse ai miei parenti,
Miei nipoti or dolenti?

 Or da morto prendo atto,
che or vivo un altro stato,
ho avuto il mio  riscatto,
più non vengo  bistrattato.
merito è  l'eredità
che ho donato a quelli là.

 Certo, invero lo confesso,
ho vissuto da precario,
senza prole, ma adesso,
tutti attorno al mio sudario,
una dozzina di nipoti,
Porgono a me preci e voti.

 Prodigio del testamento:
agli illustri qui  presenti,
lasciai un milione e cento,
Con svariati appartamenti.
Dissi a lor che aveo donato,
tutti i beni al curato.. 

Rabbia e desolazione
fu il loro atteggiamento,
perniciosa reazione,
il loro  allontanamento.
Capii cribbio: Il loro affetto,
non a me era diretto.

 Or da morto io consiglio,
che mostrar l'affetto in vita,
deve al padre ogni figlio,
Che dopo la dipartita
non è bello essere  amato,
per il gruzzolo  lasciato.

 Gino Del Giudice  Giorno dei morti 2014



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martedì 28 ottobre 2014

Statte Convegno Diocesano: ILVA e l’ambiente che lasceremo ai nostri figli.




Statte,Convegno Diocesano: ILVA e l’ambiente che lasceremo ai nostri figli.

Foto DLG

Il 12 ottobre, a Statte c’è stata una presso i locali dell’Asilio Infantile delle suore”, si è svolta una manifestazione voluta dall’Azione Cattolica Diocesana, col grande impegno organizzativo dell’Azione Cattolica di Statte e del suo presidente Raffaele Passarelli.
Nella “locandina”, questo incontro, veniva denominato giustamente lectio, di inaugurazione dell’anno associativo. Il nome lezione a volte, può far pensare a qualcosa di tedioso e opprimente; questo incontro invece, pur giungendo a delle conclusioni sostanzialmente negative, è stato stimolante ed avvincente per il semplice fatto che, i relatori, invece di prospettareteorie, consigli, supposizioni e ipotesi, hanno  esposto fatti, fatti e .. poi fatti.
Il titolo dell’incontro era pieno di speranza Bellezza e stupore, credo riferito al creato che ci ha donato il buon Dio, seguito da un sottotitolo meno rassicurante: Riflessioni e prospettive  economiche ambientali sulla provincia di Taranto. Ed ecco gli intervenuti.
Vincenzo di Maglie: Presidente diocesano dell’Associazione Cattolica, moderatore dell’incontro.
Anna Maria Moschetti: Pediatra, dell’Ass. Cult. Medici Pediatri.
Mimmo Mazza:  Vice capo redattore de “la Gazzetta delo Mezzogiorno”.


Prima di entrare nel merito  di questo incontro, che approfondiremo nell’appendice di questa pagina, è bene riassumere in poche parole, in che cosa questo incontro si è differenziato da altri simili, che hanno trattato ambiente e salute.
Foto DLG
Diciamo subito, che il tema, pur essendo di carattere generale, nella pratica, ha assunto la fisionomia della “Vera Storia dell’acciaieria di Taranto” (Italsider e poi, Ilva), tratteggiata dalla brava pediatra Anna Maria Moschetti.
L’altra relazione riguardava la  prossima (e ritenuta dal relatore) certa, chiusura della stessa Ilva, come ha ipotizzato il bravissimo giornalista Mimmo Mazza della “Gazzetta del Mezzogiorno”, con una articolata relazione, basata essenzialmente su elementi finanziari provati, uniti ad altri elementi legati all’Aia e all’ambiente.

Allora quali sono queste differenze da altri incontri su questo tema ?
Foto DLG


La differenza è essenzialmente una. I due relatori, non hanno avuto peli sulla lingua perché, non sono legati ad ambienti  imprenditoriali; non sono legati ad ambienti  utopisticamente ambientalisti;  non difendono posizioni politiche; non sono legati ad utopistici ambienti sindacali che sognano la conservazione dei posti con una  improbabile salubrità  ambientale. 

(In campo ambientale, una parentesi occorre aprirla per fare una precisazione. Vi è stato un uomo coraggioso che  ha rappresentato ed ancora rappresenta, l'autentica difesa dell'ambiente nel nostro territorio il suo nome è Alessandro Marescotti  che, insieme ad altri strenui combattenti suoi amici come Fabio Matacchiera,  ha combattuto battaglie epiche, quando tutti, intorno a lui erano  a favore del "mostro". 

Ora, i fatti gli hanno dato ragione ed è stato ascoltato dalla commissione ambiente della comunità europea, che servendosi di suoi documenti, sta per aprire una procedura di infrazione ambientale contro il governo italiano, reo di non aver tenuto nel debito conto la salute dei cittadini e dei lavoratori dell'Ilva.  

(Chiusa questa parentesi riprendiamo il nostro discorso parlando appunto delle due relazioni, una della Moschetti e l'altra di Mimmo Mazza). 

La pediatra Moschetti,, senza mezzi termini, ha delineato la “storia” di questa azienda fatta all’inizio da tante scelte errate e poi da tante connivenze e che, proprio per questo, ben pochi possono avere la faccia di raccontare .

Foto DLG


Il giornalista Mazza ha avuto il coraggio di parlare di fatti e di cifre, ipotizzando una prossima balorda vendita dell’Ilva stessa ed una successiva (tra 4 o 5 anni) inevitabile chiusura, ipotizzandola, qualunque siano le leggine, le Aia, le autorizzazioni in deroga,ed altri trucchi per evitarla.
 
In coda a queste due relazioni, vi sono stati tante domande poste dai presenti, alcune delle quali, più che speranzose, come quella con cui si chiedeva alla pediatra, con quali mezzi e modi si potevano proteggere i  bambini da questo ambiente disastrato. Ovviamente la Moschetti,  ha dato qualche consiglio, pur sapendo in cuor suo che era come consigliare di difendersi con una fionda contro un carro armato.


L’essenziale della notizia termina qui. Chi desidera qualche ulteriore dettaglio su questo incontro è pregato di scorrere l’appendice seguente ma  .. se è impaziente .. suggeriamo di .. lasciar stare.


Appendice

La  conferenza.

Ha introdotto l’incontro Vincenzo Maglie, riassumendo i gravi problemi ambientali che attanagliano la nostra zona.
La pediatra Moschetti, ha tracciato la storia di questa acciaieria, la cui progettazione, dettata dalla ricerca di consensi politici e clientelari,  già inizialmente,  prefigurava ciò che sarebbe poi, puntualmente accaduto e cioè:  come due diritti, quello alla salute e al lavoro, fossero messi in discussione da ragioni clientelari, di profitto e di illegalità diffusa a (quasi) TUTTI i livelli.  
La cecità, nel costruire una acciaieria a poche centinaia di metri dall’abitato,  ha argomentato la Moschetti, - non aveva però, nessuna ragione di essere, se non con l’incompetenza e la superficialità assoluta degli stessi progettisti e la “chiusura degli occhi” di chi avrebbe dovuto controllare; questo rappresentava già un “peccato originale” assolutamente esiziale per la salute e per la salvaguardia dell’ambiente.
Foto DLG

All’inizio, l’acciaieria sembrava  andare a gonfie vele, con forti vendite (sempre sottocosto e con perdite rilevanti) tanto che, per gli stessi motivi, (clientelari e politici), si arrivò a quella che fu una scelta ancora più scellerata: quella di costruire il raddoppio dell’acciaieria stessa,   senza che nessuna attenzione si ponesse nei riguardi della salvaguardia dell’ambiente, della sicurezza e della salute dei cittadini.
Furono veramente poche le voci che si opposero a questo progetto. Una delle più carismatiche, fu quella dell’allora Arcivescovo Guglielmo Motolese. Ma ovviamente era una “voce nel deserto”che non potè sortire alcun effetto.
La crisi mondiale dell’acciaio, con la Cina che vendeva a prezzi ancora più stracciati rese la situazione, ancora più insostenibile e già prima che il raddoppio si completasse,

Le perdite finanziarie aumentarono a dismisura. (n.d.r: Diciamo la verità, le cose peggiorarono anche perché l’azienda era saccheggiata in vario modo da trucchi dei fornitori in collusione con “elementi” dell’azienda  e dalle stesse scorribande dei dipendenti stessi che, con ogni trucco e mezzo "portavano a casa" i più strani e costosi attrezzi che si potessero immaginare e spesso col beneplacito e complicità dei "controllori".

I casi arrivati alle autorità giudiziarie non erano che le punte di numerosi icebergs, compreso le innumerevoli assenze per malattie di persone sanissime che all’esterno esercitavano mestieri, spesso a favore di “elementi interni”).
La vendita dell’Ilva a privati, si dimostrò una scelta ancora più scellerata , perché l’acquirente Riva cominciò subito a “governare l’azienda”  nel segno del disprezzo verso i sindacati “nemici” (la Moschetti ha ricordato la “palazzina” del mobbing), verso i dipendenti  e verso chi avversava i suoi piani e nel segno delle enormi regalìe nei confronti di chi lo assecondava.
L’ingordigia dei Riva (e dei suoi lecchini),  pur di massimizzare i profitti,portò ad azzerare gli indispensabili fondi per la sicurezza e per la salubrità degli impianti, avendo come “complici”  quasi TUTTI quelli che potevano  favorire, sopratutto illegalmente, questi piani.

Quello di cui è stato capace questo imprenditore, con le ovvie connivenze ha dell’incredibile:  politici, giornalisti e periti, erano tutti “al suo servizio” . 
 
Foto DLG

Le notizie degli inquinamenti  e delle relative morti  e malattie, erano tenute sotto silenzio.  (n.d.r. Per onestà intellettuale, occorre precisare che anche alcune massime autorità del clero locale si erano lasciati irretire da questo sistema).

Afferma la Moschetti: “Anche  il piombo nel latte materno assieme ad altri metalli pesanti, ci è capitato di osservare, ma stranamente, anche questa notizia veniva minimizzata, non solo dai media,  ma anche dai baroni e soloni”.
 
Foto DLG


Foto DLG


Il resto è storia recente.
È storia di oggi, la strenua lotta della magistratura di Taranto dal procuratore Franco Sebastio al Gip  Patrizia Todisco, con lo scopo, di indagare e punire con severità i responsabili di tanto scempio; di scovare tutte le connivenze ad ogni livello che il sistemaRiva tramite  tanti “compagni di merenda” erano riusciti a concretizzare.
La magistratura nella sua azione si prefiggeva altresì, di  fermare in qualche modo questo disastro, dal momento che chi avrebbe dovuto farlo, non solo non lo attuava ma, lo assecondava.
La magistratura è riuscita nel suo intento?
Se parliamo di scovare tutto il marcio sistema che ruotava attorno aRiva, ebbene, in gran parte sì. La stessa coraggiosa giudiceTodisco, non “facendosi intimidire dai famosi poteri forti” ha decapitato alcune istituzioni, indagando la maggior parte delle altre.
Ma, alla fine, Todisco è riuscìta nel suo intento ?

 Ma nemmeno per sogno !! Per annullare tutte le decisioni della magistratura, si  mobilitarono in tanti, diciamo pure: tutte le istituzioni che contano. Dapprima con leggi, decreti, rimandi, nomine strane di commissari, che tendevano a vanificare, di fatto, l’operato dei magistrati e anteponendo SOLO l’azienda Ilva  ed ignorando la  ecatombe che si perpretava a danno della comunità.


La chiusura verso il 2016?

Senza tediare i lettori, riassumo quello che il bravo giornalista Mimmo Massa, affermò, la sera del convegno diocesano, a proposito della chiusura dell’ilva che lui ha ipotizzatro al più tardi tra quattro anni.

1) Con l’attuale situazione finanziaria, l’Ilva non ha i fondi per il risanamento, (si parla di oltre 2 miliardi) né per il rinnovamento impianti,  e nemmeno per  la normale prosecuzione delle attività.

2) Le banche già molto esposte verso l’Ilva non possono ultriormente finanziare l’azienda, che non ha più la fiducia dei fornitori (combustibili, minerali, pezzi di ricambio). Quindi si prevede che il volume di affari  andrà ulteriormente riducendosi.

3) Le imprese interessate a dare commesse all’Ilva, vista l’attuale incertezza non lo potranno più fare.

4) La strada della vendita a gruppi non meglio precisati (compreso una indiana,  in cordata con una italiana), si configura come una pre chiusura. Infatti queste aziende, acquisterebbero l’azienda quasi gratis, e soltanto senza debiti, (i debiti, andrebbero scaricati in una “bad company; debiti  che nessuno in futuro onorerà mai) e senza obblighi di risanamento.  Dopo quattro anni di profitti anche in sotto produzione, gli “indiani” (in tutti i sensi), lascierebbero definitivamente l’azienda con tutto il suo casrico di veleni.

Purtroppo i disastri ambientali  sul terreno e sulle falde  non potrebbero essere risanati  in brevi anni,  se non con sforzi finanziari e tecnologici che di notevoli entità

5) Non sono ipotesi campate in aria, perché l’azienda indiana è nota in campo mondiale per essere specialista,in queste strane speculazioni.

Conclusioni.

Possiamo concludere così. Il convegno diocesano tenuto a Statte il 12 ottobre, è stato un momento di verità, perché troppe bugie si son dette su questo argomento, troppe illegalità sono fiorite all’ombra di tanti interessi.

Questo convegno non ha nascosto nulla; nemmeno la dolorosa prospettiva di una chiusura dell’Ilva, tra pochi anni che si fa sempre più probabile.

Qui, non si tratta di sposare la tesi della chiusura, ma di prendere atto che, questa purtroppo è all’orizzonte. Come all’orizzonte si intavede un territorio che senza l’attiva pressione di tutti potrebbe essere abbandonato a sé stesso con i suoi veleni nascosti.
Servono forze sane come i cittadini e giovani dell’Azione Casttolica, per stimolare un movimento che lotti per ridare a queste zone un minimo di speranza e di sane prospettive per il futuro.  



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