ENI
e blackout: Aria irrespirabile e sversamenti in mare.
Ma
come è gentile, il linguaggio adoperato dall’Eni: Emissioni odorigene sono le irrespirabili puzze nell’atmosfera, mentre
fenomeni di iridescenza, sono
le chiazze di idrocarburi sversate in mare. Che dire? Gentilissimi !!
Eni: Aria irrespirabile (Foto Mirko Zoriaco) |
IL FATTO
A
causa di un blackout di energia elettrica nella raffineria ENI, nei giorni scorsi, nell’intera città di
Taranto l’aria è stata irrespirabile e vi sono stati malori diffusi.
Marginalmente, il fenomeno ha interessato anche la zona sud di Statte (Contrade Feliciolla, Zappalanotte etc), dove il fenomeno, si è aggiunto alle normali e giornaliere “emissioni odorigene”, provenienti dalla discarica vicina.
Centinaia le telefonate e le richieste di informazioni ai vigili del fuoco, all'Arpa, e alle forze dell'ordine.
Fino a ieri, la forte puzza di gas era molto accentuata, provocando, malori e irritazioni agli occhi a numerosi cittadini. Le segnalazioni ai vigili del fuoco, alle forze dell’ordine e all’Arpa sono state numerose; le persone si svegliavano nel cuore della notte per difficoltà respiratorie.
Marginalmente, il fenomeno ha interessato anche la zona sud di Statte (Contrade Feliciolla, Zappalanotte etc), dove il fenomeno, si è aggiunto alle normali e giornaliere “emissioni odorigene”, provenienti dalla discarica vicina.
Centinaia le telefonate e le richieste di informazioni ai vigili del fuoco, all'Arpa, e alle forze dell'ordine.
Fino a ieri, la forte puzza di gas era molto accentuata, provocando, malori e irritazioni agli occhi a numerosi cittadini. Le segnalazioni ai vigili del fuoco, alle forze dell’ordine e all’Arpa sono state numerose; le persone si svegliavano nel cuore della notte per difficoltà respiratorie.
Eni: Aria irrespirabile (Foto Mirko Zoriaco) |
CONSEGUENZE PER IL MARE E
PER L’ARIA
Come si è
detto, le conseguenze per la qualità, dell’aria, sono state notevoli, ma anche
il mare ha subìto un notevole impatto, anche se non si può parlare di vero e
proprio disastro.
“E’ assolutamente tutto sotto controllo, la chiazza non si disperde al largo ma è tutta sotto costa, non c’è necessità di circoscriverla in mare”: è quanto si apprende dalla Capitaneria di Porto di Taranto al lavoro con propri uomini e mezzi, via terra e via mare, dopo lo sversamento di materiale che si è verificato in seguito a questo blak out.
Eni Taranto: anche inquinamento in mare e non solo "iridescenze" |
Decisamente più soft, la versione ufficiale
dell’ENI secondo cui:
“Ci sono minime tracce di idrocarburi nell'area di contenimento predisposta nella costa antistante la centrale Eni di Taranto”. È quanto spiegano dall'Eni, sottolineando che, a causa di un blocco della corrente elettrica, legata alle avverse condizioni meteorologiche, si sono verificate minime fuoriuscite di idrocarburi legate all'effetto di «trascinamento, (ovvero il blocco improvviso degli impianti), che stanno causando il cosiddetto fenomeno di iridescenza sulla superficie del mare.
“Ci sono minime tracce di idrocarburi nell'area di contenimento predisposta nella costa antistante la centrale Eni di Taranto”. È quanto spiegano dall'Eni, sottolineando che, a causa di un blocco della corrente elettrica, legata alle avverse condizioni meteorologiche, si sono verificate minime fuoriuscite di idrocarburi legate all'effetto di «trascinamento, (ovvero il blocco improvviso degli impianti), che stanno causando il cosiddetto fenomeno di iridescenza sulla superficie del mare.
Che volete, chiamare l’inquinamento di un tratto di mare (sia
pure limitato) “fenomeno di iridescenza”
fa un po’ sorridere; fin ora, avevamo sempre pensato che l’iridescenza, fosse un bel
fenomeno di scomposizione della luce riscontrabile in cristalli, gemme,
diamanti e perle, mentre, quando qualche cupo fenomeno simile si notava
sulla supeficie del mare, dove incautamente andavamo a bagnarci,(e sempre
procurato dalla grande industria) c’era da essere sicuri che l’acqua sarebbe
risultata “untuosa”.
Eni Taranto: Controllo inquinamento da parte di agenti della Capitaneria di Porto |
LE CAUSE DEGLI ULTIMI FENOMENI, secondo l’Eni, secondo l’Arpa e secondo gli esperti
ambientalisti.
L’Eni tende ad
escludere che gli ultimi fenomeni di aria irrespirabile sia da attribuire
ancora alla propria azienda secondo cui, tutti i controlli interni sono risultati regolari.
L’Arpa Puglia, invece, sempre in attesa delle definitive risultanze delle analisi, ipotizza, che il tutto sia da attribuire al trattamento delle acque all’interno della raffineria, le quali acque trattate, con gli impianti fermi, “ritornano a galla” portando con sé un odore di inconfondibile trattamento industrial-petrolifero.
L’Arpa Puglia, invece, sempre in attesa delle definitive risultanze delle analisi, ipotizza, che il tutto sia da attribuire al trattamento delle acque all’interno della raffineria, le quali acque trattate, con gli impianti fermi, “ritornano a galla” portando con sé un odore di inconfondibile trattamento industrial-petrolifero.
Un “limite di legge” che non c’è. È utile sottolineare che tutte le volte che si
sono verificati i vari fenomeni di avvelenamento dell’aria, l’ARPA abbia sempre indicato l’Eni come fonti di queste
emissioni, anche se queste emissionio
odorigene (come civettuosamente chiamate dall’Eni), rientrano abbondantemente in uno strano limite di legge; sentite il perchè: L’imputato, in questi
casi, è sempre stato l’idrogeno solforato, un composto dello zolfo molto odoroso anche a basse concentrazioni,
ma per il quale non esiste un limite di legge per la concentrazione in aria. Eppure, stiamo parlando di un veleno !!
QUESTI FENOMENI POTRANNO RIPETERSI?
Questi fenomeni sono necessariamente
destinati a ripetersi, perché strettamente collegati sia a fenomeni
di malfunzionamento, di una qualunque
parte vitale degli impianti, sia ai fenomeni di blakout di corrente elettrica. Sia nell’uno o nell’altro caso, quando le pressioni dei gas tendono a superare
i limiti di sicurezza per i lavoratori e per gli impianti, il gas stesso, viene
convogliato verso le candele o torce che
lo bruceranno nell’atmosfera. Ed allora, come disse uno, la domanda sorge
spontanea: perché non attrezzarsi, affinché almeno il blakout non abbia a ripetersi?
Questo non risulta possibile, perché l’Eni, non
risulta dotato di una sufficiente centrale autonoma che sopperisca all’eventuale
mancanza di corrente elettrica esterna.
ENI Taranto: Agenti dell'Arpa, si apprestano a controllare le fonti di emissioni inquinanti. |
ALLORA, NULLA DA
FARE? (abstract da Taranto Oggi: GianMario Leone)
Questi fenomeni, purtroppo,
continueranno a verificarsi, finché la raffineria Eni opererà sul territorio. Perché le grandi
industrie avranno sempre un impatto negativo
sull’ambiente e sulla salute.
E’
bene capire una volta e per tutte che la grande industria
resterà qui finché le sarà utile: dopo di che, come sta già avvenendo per il caso Cementir, leverà le
tende e ci lascerà in dote un territorio profondamente inquinato ed enormi
e vetuste cattedrali nel deserto. La questione di fondo, dunque, è
sempre la stessa. Ovvero se vogliamo una città con o senza grande industria:
i compromessi non sono mai serviti e mai serviranno.
Forse, sarebbe il caso di
dire basta, ma nel vero senso della parola: se vogliamo riprenderci il
nostro territorio e con esso il nostro futuro, la grande industria va
combattuta quotidianamente e, soprattutto, va cacciata via per sempre da
Taranto.
E ciò può
avvenire soltanto attraverso una lotta dura e senza compromessi, evitando il "Non sentire, non vedere, non parlare"!!
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