L’ILVA IL 14 DICEMBRE CHIUDE L’ARIA A CALDO
Ferrante, in una lettera indirizzata alla procura di
Taranto, ai custodi giudiziari ed
anche al ministero dell’ambiente, ha annunciato che il 14 Dicembre,
chiuderà l’intera aria a caldo dell’ILVA di Taranto, senza poter operare “in
sicurezza”, ma con procedure di urgenza, che porterebbe a gravi rischi di “incidenti
rilevanti ed irreparabili”.
La causa è conseguenza dell’esaurimento delle materie prime, causate dal blocco dello sbarco di minerali dalle navi deciso dai custodi giudiziari.
Lo scenario sull’occupazione sarebbe imprevedibile, dapprima le conseguenze ricadrebbero sui dipendenti dell’aria a caldo e successivamente sull’intero stabilimento.
Come si vede, le incertezze e i rimpalli tra ministero e procura stanno portando ad una situazione di incertezza estrema che ricadranno sicuramente anche sulle “commesse”. Con questa lettera Ferrante cerca di passare il “cerino” alla “procura”, le cui decisioni non saranno, in nessun caso “facili” da prendere.
La causa è conseguenza dell’esaurimento delle materie prime, causate dal blocco dello sbarco di minerali dalle navi deciso dai custodi giudiziari.
Lo scenario sull’occupazione sarebbe imprevedibile, dapprima le conseguenze ricadrebbero sui dipendenti dell’aria a caldo e successivamente sull’intero stabilimento.
Come si vede, le incertezze e i rimpalli tra ministero e procura stanno portando ad una situazione di incertezza estrema che ricadranno sicuramente anche sulle “commesse”. Con questa lettera Ferrante cerca di passare il “cerino” alla “procura”, le cui decisioni non saranno, in nessun caso “facili” da prendere.
A chi è indirizzata la lettera di Ferrante: Al Procuratore Sebastio e agli altri magistrati del pool che indaga sui reati ambientali: il procuratore aggiunto Pietro Argentino, i sostituti procuratori Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile, ai custodi giudiziari: Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento.
Il Contenuto:L’Ilva
fermerà l’area a caldo il 14 dicembre per l’esaurimento delle materie primi nei
parchi minerali, a causa dello stop imposto allo sbarco di materiale
dalle navi che approdano al quinto sporgente disposto dai custodi giudiziari il
12 novembre. La fine delle attività creerebbe problemi seri: «La
fermata, non in sicurezza, di tutti gli impianti dell’area a caldo porterebbe
come conseguenza gravi rischi di
incidente rilevante e danni irreparabili agli impianti, scenario già comunicato
verbalmente ai custodi».
L’ex prefetto precisa che la missiva è trasmessa «con l’assistenza del legale della società, l’avvocato Marco De Luca» e, con una formula che non lascia dubbi, il presidente dell’Ilva rimette la palla nel campo della magistratura, sollecitando, quasi, una presa di posizione quando fa riferimento all’invio «per ogni vostra valutazione e iniziativa». «Mi permetto di richiamare l’attenzione - scrive ancora Ferrante citando le considerazioni finali della relazione in suo possesso – che l’applicazione delle disposizioni dei custodi giudiziari allo sbarco delle materie prime determinerà effetti devastanti per l’Ilva dovuti alla fermata degli impianti».
L’ex prefetto precisa che la missiva è trasmessa «con l’assistenza del legale della società, l’avvocato Marco De Luca» e, con una formula che non lascia dubbi, il presidente dell’Ilva rimette la palla nel campo della magistratura, sollecitando, quasi, una presa di posizione quando fa riferimento all’invio «per ogni vostra valutazione e iniziativa». «Mi permetto di richiamare l’attenzione - scrive ancora Ferrante citando le considerazioni finali della relazione in suo possesso – che l’applicazione delle disposizioni dei custodi giudiziari allo sbarco delle materie prime determinerà effetti devastanti per l’Ilva dovuti alla fermata degli impianti».
«È il caso di sottolineare che dal 12 novembre, data di
comunicazione delle disposizioni dei custodi giudiziari, ad oggi sono stati già
accumulati maggiori oneri da parte dell’Ilva pari a 850mila dollari». Il riferimento è alla sosta in rada delle navi alle quali è
impedito lo scarico delle materie prime in ragione della decisione presa dai
custodi giudiziari. L’Ilva insiste sul fatto che «la verifica tecnica delle
applicazione della disposizione dei custodi allo sbarco delle materie prime,
evidenzia la palese incompatibilità delle stesse con i programmi operativi
dello stabilimento per il periodo in esame e noti ai custodi».
Le motivazioni:
Tecnicamente, se a novembre il fabbisogno di materie prime
necessario a far marciare altiforni e batterie dello stabilimento siderurgico è
stato di 50mila 700 tonnellate, a dicembre è previsto nell’ordine delle 41mila
500 tonnellate. Ma, evidenzia l’Ilva, lo stop allo scarico delle navi non
renderà possibile soddisfare il fabbisogno.
Ricadute sull’occupazione:Come si sa, è in avvio, la cassa integrazione
per 2mila operai dell’area a freddo confermate dallo stesso presidente
dell’Ilva Bruno Ferrante, (a quanto pare per ragioni di mercato); con la chiusura dell’altoforno numero 1 e di
alcune batterie della cokeria, il primo dicembre, il numero degli esuberi
crescerà di altre 2mila unità. Ma la notizia di una imminente chiusura
dell’area a caldo per i motivi tecnici accennati cambia tutto: gli esuberi (momentaneamente) supererebbero le
6000 unità e, perdurando il fermo dell’aria a caldo anche i dipendenti dell’aria
a freddo sarebbero coinvolti.
Uno scenario imprevedibile.Su tutto questo l’applicazione dell’Aia, varata dal ministero dell’Ambiente, alimenterà domande sempre più inquiete sul futuro dello stabilimento tarantino.
A questo punto, la richiesta dei sindacati,
Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm, a Ferrante
di discutere il piano industriale prima di un sì agli ammortizzatori sociali va
presa, come “atto dovuto” e, assolutamente ininfluente a cambiare l’inquietante
scenario occupazionale.Uno scenario imprevedibile.Su tutto questo l’applicazione dell’Aia, varata dal ministero dell’Ambiente, alimenterà domande sempre più inquiete sul futuro dello stabilimento tarantino.
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